Di paura si deve morire, il mio incontro con la paura secondo Stefano Benni

Parto dal presupposto che ho letto altri due libri di questo autore, libri diversi tra loro, anche questo è parecchio diverso dagli altri due. Non sapevo cosa aspettarmi, partivo prevenuta, a causa titolo e visti i miei pregiudizi su qualsiasi tipo di lettura che faccia riferimento alla paura. Ovviamente chi ha già letto il libro, o comunque chi ha letto recensioni a riguardo, sa che la “paura” è il tema che unisce i vari racconti e ha diverse sfumature, sfumature adatte ad una lettura nel 2016. Io sono una persona tendenzialmente pigra, scelgo i libri in libreria e non mi informo molto prima di comprarli, si potrebbe dire che io vada ad istinto. Ho scelto Cari mostri poco tempo fa fidandomi dello stile di Benni che mi è piaciuto fin dal primo libro. Come ho già anticipato il libro è formato da dei racconti di varia lunghezza che trattano tutti un tipo di paura diversa, sono 25 racconti per 243 pagine, è un libro che si legge veramente in fretta e che ti lascia insoddisfatto fino a quando non finisci almeno il racconto che hai iniziato. Ogni racconto si apre con una citazione, ringrazio Benni perché oltre ad avermi reso meno ignorante con i suoi racconti e la sua magia, mi ha aiutato a conoscere nuovi autori e personalità che, vista la mia ignoranza, prima non avevo neanche sentito nominare e che ora almeno un po’ conosco. Oltre alle citazioni ad inizio racconto, proprio alcuni racconti girano attorno a personalità del panorama letterario o del panorama pop, facendo trasparire anche le simpatie e gusti dell’autore. Il tema della paura si sviluppa partendo dalla concezione forse più classica della paura e del terrore, animali spaventosi e personalità sinistre, tutto sulla base di leggende antiche e sogni. La modernità si inserisce sia indirettamente come mezzo che direttamente come causa stessa della paura e dell’inquietudine, già il secondo racconto lascia un senso di ansia dovuto al fatto che la situazione descritta può facilmente far immedesimare il lettore, può sembrare un classico pessimismo nei confronti di una modernità portata agli estremi, penso che l’idea fosse quella di rendere il tutto più grottesco possibile. Andando avanti ci si può scontrare con rivisitazioni di opere famose riportate in chiave moderna, ci si può facilmente sentire vicini a racconti che portano agli estremi comportamenti di adolescenti in piena crisi, rimanendo comunque nei limiti del possibile, e credo che proprio questo tratto verosimile sia il centro dell’idea di paura che Benni adesso, e coloro a cui lui si è ispirato, voglia lasciare. Non mancano le idee comuni di terrore legate alle leggende e alle figure tipiche del romanzo horror e di tutta la cultura pop legata alla paura, si passa da oggetti inanimati che prendono vita al tema del terrore legato al consumismo portato agli estremi. La satira in Benni, per quel poco che ho letto, è un tratto fondamentale e spesso lascia intendere quali siano i caratteri sociali e politici sui quali l’attenzione dell’autore si poggia maggiormente, che si tratti di politica, ci consumismo, di armi, di informazione di massa e di stretto legame con un’idea malata di tecnologia, non manca la satira verso il mondo della chiesa. Per quanto riguarda questo tratto, mi piace soffermarmi su un racconto basato sull’immagine della statua di una madonna che, in un piccolo paesino di montagna, invece di piangere, ride. Il paradosso del riso in contrasto con l’idea di miracolo del pianto, mostra come sia intrinseca alla religione l’idea di sofferenza come qualcosa che innalza, in contrasto con l’idea di riso e di gioia che spesso è legata al peccato. La capacità di questo autore si può notare anche in queste poche pagine in cui riesce ad aprire la mente del lettore davanti ad una grande questione religiosa e anche sociale, lasciando magari delle tracce da seguire ma mai esprimendosi direttamente. Proprio questa idea di dare i mezzi al lettore per poter far si che questo si muova da solo tra le sue pagine e le sue riflessioni, facendosi quindi un’idea propria, penso sia un tratto molto importante, tratto che ho sempre trovato nei suoi scritti, per temi diversi. Cosa mi ha lasciato questo libro? A parte il mio divagare, mi ha lasciato un ritratto sempre più chiaro dell’autore, o almeno il ritratto che mi sono creata io prende sempre più forma in base alle mie valutazioni sul suo testo scritto. E’ stata una lettura piacevole, non per questo leggera, ripeto che sono una persona pigra ma è riuscito comunque a provocare in me tanto interesse e molte riflessioni. Consiglio vivamente la lettura anche perché si sarà capito poco di quello che ho scritto, posso solo concludere dicendo che, sì, continuerò a leggere Benni e continuerò a cercare, desiderare e temere.